domenica 13 novembre 2011

COSA RESTERA DI QUEGLI ANNI '80 CARA LAZIO


Questa “storia di calcio” è dedicata a tutti i tifosi della Lazio che hanno vissuto l’incredibile sequenza di emozioni che gli anni ’80 hanno riservato alla gloriosa società, nata nel 1900. In quel decennio si alternano eventi drammatici e bellissime emozioni che forgiano il tifoso laziale, rendendolo straordinario: la squadra biancoceleste rischia più volte di sprofondare nel baratro, ma ogni volta che gli eventi sembrano condannarla, riesce a rialzarsi, più forte di prima.
Le disavventure iniziano proprio nel 1980: il 23 marzo esplode lo scandalo del calcio scommesse, in cui numerosi calciatori e dirigenti vengono accusati di aver “aggiustato” alcune partite. Quella domenica le forze dell’ordine, con un’operazione fin troppo spettacolare, alla fine delle partite, prelevano direttamente negli spogliatoi alcuni giocatori, conducendoli in carcere. La Lazio perde a Pescara, ma soprattutto perde per squalifica diversi suoi calciatori, fra i quali Giordano e Manfredonia; nelle ultime giornate, i biancocelesti schierano molti ragazzi della “Primavera” che, capitanati da Vincenzo D’Amico, riescono comunque a salvarsi dalla retrocessione.
La doccia fredda arriva in piena estate, quando la società, con un progetto ambizioso porta a Roma il mister Castagner, reduce l’anno prima da un fantastico secondo posto con il Perugia, e il fuoriclasse olandese Renè Van de Kerkhof; mentre la squadra è già in ritiro si conosce la decisione della giustizia sportiva per il calcio scommesse: retrocessione in serie B! Il forte centrocampista ritorna in patria e Castagner deve rivoluzionare gli obiettivi e soprattutto le motivazioni. Una squadra costruita per ben figurare in serie A, si trova costretta ad affrontare il campionato cadetto.
La risalita nella massima serie sembra una formalità e infatti la Lazio occupa le primissime posizioni per tutto il campionato; l’emozione più grande e, purtroppo, negativa giunge però alla penultima giornata, quando contro il Vicenza serve la vittoria per mantenere il secondo posto utile per la promozione. All’ultimo minuto sul risultato di 1-1, Chiodi, specialista dei calci di rigore, ha la possibilità, proprio con un tiro dal dischetto di chiudere la partita, ma spedisce incredibilmente sul palo, il pallone decisivo: la Lazio resta in B. L’anno dopo andrà ancora peggio perché i biancocelesti, dopo un campionato anonimo, si ritrovano addirittura coinvolti nella lotta per non retrocedere in serie C; alla penultima giornata, di fronte c’è il Varese di Eugenio Fascetti che aspira alla promozione in serie A. E’ necessaria la vittoria e questa volta, a un passo dal baratro, l’emozione è positiva: il “solito” D’Amico segna una tripletta, la Lazio vince 3-2 e riesce a salvarsi.
La stagione successiva, terza consecutiva in B, sarà finalmente quella giusta; è decisivo il rientro dalla lunga squalifica di Giordano e Manfredonia, “perdonati” dalla giustizia sportiva, dopo la vittoria nei Mondiali di calcio dell’Italia. La Lazio ottiene la promozione in A, ma solo all’ultima giornata, in un afoso pomeriggio del giugno 1983, grazie al pareggio ottenuto a Cava de’ Tirreni, dove Miele e Marini, realizzano i gol biancocelesti nel 2-2 finale contro la Cavese.
Il ritorno in sere A nel 1983, riporta l’entusiasmo e la parentesi tra i cadetti sembra già un ricordo. Giorgio Chinaglia torna alla Lazio come presidente e tutto lascia presagire il ritorno fra le grandissime della serie A. Accade l’esatto contrario: la Lazio di Giordano, Manfredonia, D’Amico e degli stranieri Batista e Laudrup naviga per tutto il campionato nei bassifondi della classifica e fatica a salvarsi: solo all’ultima giornata (nuovamente un 2-2 come l’anno prima, questa volta a Pisa), grazie ad una doppietta di Giordano, conquista il quartultimo posto e la permanenza in serie A.
Ma la stagione 1984-85 sarà fallimentare e la Lazio retrocederà in serie B, chiudendo mestamente il campionato all’ultimo posto. In quella stagione c’è un solo momento di intensa lazialità: il derby di ritorno è l’ultimo per Bruno Giordano, destinato a cambiar maglia a fine campionato. Il bomber di Trastevere realizza il gol del pareggio e la sua esultanza rabbiosa è il segno che la Lazio, seppur ferita, è sempre viva. Si dice spesso che al peggio non c’è mai fine e la Lazio nella stagione 1985-86, oltre a restare sempre lontana dalle posizioni di vertice in serie B, rischia una nuova retrocessione: solo alla penultima giornata, vincendo a Catanzaro, i biancocelesti si salvano dalla serie C. Ma non basta perché la società, per le colpe di un solo calciatore, Vinazzani, è coinvolta in un nuovo scandalo legato al calcio-scommesse. Il tifoso laziale trascorre l’estate 1986 con l’incubo della retrocessione a tavolino in serie C, che nel processo di primo grado, diventa orribile realtà. Inoltre la società è in gravissime difficoltà economiche: Chinaglia deve rinunciare alla presidenza e per diversi mesi il destino della Lazio è appeso a un filo. Dopo lunghe peripezie la società viene acquisita dagli imprenditori Bocchi e Calleri che però vincolano la continuità societaria alla permanenza in serie B della squadra.
Nel processo di appello per lo scandalo scommesse, la retrocessione viene “trasformata” in una pesante penalizzazione di 9 punti per il campionato successivo: è quasi una condanna a termine, dato che la vittoria vale ancora due punti e recuperare l’handicap sembra un miracolo.
La Lazio 1986-87, guidata dall’indimenticabile mister Eugenio Fascetti, dimostra di essere una squadra di uomini veri. I biancocelesti giocano al massimo delle proprie potenzialità e a poche giornate dalla fine, nonostante l’handicap iniziale di 9 punti, hanno quasi raggiunto una comoda salvezza. A quel punto subentra un calo psicofisico che porta la Lazio a dover vincere la sfida dell’ultima giornata contro il Vicenza. In questa sede è quasi superfluo raccontare le emozioni vissute in quei giorni: la Lazio batte il Vicenza con il celebre e storico gol di Giuliano Fiorini, ma la vittoria non è sufficiente ed è necessario un girone di spareggi con Taranto e Campobasso per ottenere l’agognata salvezza.
Anche stavolta, lo stellone biancoceleste non abbandona i ragazzi di Fascetti: nel campo neutro di Napoli, sostenuta da 30.000 tifosi trepidanti, dopo un’immeritata sconfitta con il Taranto, la Lazio riesce a battere il Campobasso, evitando la serie C; questa volta è Fabio Poli a risolvere la partita e a salvare la Lazio e la sua storia: la retrocessione in C avrebbe infatti comportato il fallimento. La stagione 1987-88 inizia con il chiaro obiettivo di centrare finalmente la serie A e l’impresa non sarà facile. La Lazio fatica fino a metà campionato, poi finalmente spicca il volo: l’emozione più grande è alla quintultima giornata quando i biancocelesti giocano a Catanzaro contro la concorrente diretta per la promozione.
Il Catanzaro gioca bene ed è in vantaggio per 1-0, ma al 91’ c’è il colpo di coda della Lazio: “Paolone” Monelli realizza con una mezza girata il miracoloso pareggio che gela lo stadio “Militare” di Catanzaro. Da quel momento la Lazio manterrà il terzo posto, chiudendo in trionfo con la vittoria decisiva sul Taranto, di nuovo nei destini dei laziali.
Finalmente è serie A, dopo altri tre anni di purgatorio in B, ma non c’è pace perché in piena estate l’allenatore Fascetti litiga furiosamente con il presidente Calleri e “divorzia” bruscamente dalla Lazio. Il nuovo mister Materazzi non entra in perfetta sintonia con l’ambiente e, complice una rosa di calciatori non troppo all’altezza, nel 1989 viene raggiunta una difficile salvezza. L’emozione più grande è il 15 gennaio 1989 quando un giovane e sfrontato ragazzo, proveniente dalla “Primavera”, trascina la Lazio alla vittoria sulla Roma: Paolo Di Canio segna l’unico gol di quel derby e corre festante sotto la Curva Sud occupata dai tifosi della Roma. Quell’emozione e quella sua corsa sembrano essere l’ideale passaggio dai terribili anni ’80 al decennio successivo che, con la gestione Cragnotti porterà la Lazio fra le grandi del calcio europeo.
Senza la sofferenza e le tribolazioni di quegli anni, non sarebbero forse mai esistiti i trofei che poi riempirono la bacheca biancoceleste e allora ci torna in mente la coreografia che nel derby del 1985 propose la Curva Nord, un immenso sole con raggi bianchi e celesti e una bellissima frase: “Solo i vili e i mediocri conoscono la sconfitta, ma noi siamo grandi e risorgeremo”.

MAURO GABRIELI

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